Via Ravizza, Via Marghera, via Cuneo, piazza Piemonte, via Buonarroti, via Sanzio
12, 40
Ristoranti, locali, pizzerie, SUV e auto sportive. “Ti fai i cazzi tuoi?”, “Si, mi faccio i cazzi miei”. Quattro chiacchiere tra amici, bevendo un cocktail fatto male. Otto euro. Boutique e tavolini. Certo è tutto di una certa classe, di un certo tono.
Sembrava facile, sì, facile com’era sempre stato.
Vendesi. Affittasi. Vendesi. Affittasi. Cartelli affissi da ogni parte. Paese e metropoli. Una frizione che produce tensione. E non smette. Si cammina sulle grate.
Davanti a una fontana, nuova, il rumore dello scrosciare dell’acqua fa venire sete, fa venire voglia di bagnarsi. Ma la fontana è rotta, c’è qualcosa che non va, l’acqua sborda da ogni parte. Che cosa desolante: qualcosa di nuovo che è solo da buttare via.
Teatro Nazionale, teatro saint honoré, “Vostro onore! Vostro onore! Onorevole!”. Uomo d’onore. Famiglia e onore.
In questo deserto, la farmacia è un’oasi aperta tutta la notte.
Un incendio, un grande incendio, macchine a fuoco, vetrine distrutte, portoni sfondati, forzati, divelti. Finestre rotte. Palazzi abbattuti, bombardati.
Un camion dei rifiuti passa e raccoglie i detriti.
Figure umane lontane, tutta la notte potrebbe trascorrere così. Notte che passa dopo gli ultimi tram. L’incrocio accogliente si prende il suo tempo. Il film è stato già visto, rivisto, stravisto molte e molte volte. Le scene si ripetono sempre uguali, a lungo andare spettrali. Non c’è più molto da grattare. Immobilità, è il tempo dei semafori.
Un cambiamento di luce non produce cambiamento, un accendino scarico fa ancora scintille.
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