Finora si è parlato di desiderio astrattamente perché si è isolato un oggetto che si suppone essere l’oggetto del desiderio, e allora si può dire ‘desidero una donna, desidero partire per un viaggio…’ E noi dicevamo (Deleuze e Guattari) una cosa semplice: non si desidera mai veramente qualcuno o qualcosa. Si desidera sempre un ‘insieme’. Continue reading “Desiderio – L’Abécédaire – Gilles Deleuze”
Categoria: trasparenze
citazioni, eccitazioni
L’UNICO DESIDERIO COMPLETO E’ QUELLO DI BUDDHA – Shunryu Suzuki Roshi
Quando si studia il buddhismo si hanno tante idee egoistiche: “Io studio. Io devo capire di cosa si tratta”. Il motivo per il quale si ha un maestro è perché si apprenda la verità nella sua forma più pura, senza estendere la pratica egoistica o avere una comprensione egocentrica. Si pensa che non ci sia nulla di sbagliato nell’estendere il proprio desiderio. Questo è l’errore. Qualcosa accade; qualcosa è sbagliato. Ci deve essere qualcosa di sbagliato se si estende il proprio desiderio senza pensare, senza riflettere o senza osservare.Quando dico che occorre limitare il proprio desiderio, voglio dire che non bisogna estenderlo nel suo senso limitato. Per esempio: “questo è il mio desiderio” – In tal modo si è già limitata la natura del desiderio. Senza limitazioni vuol dire avere una più vasta comprensione del desiderio che si può estendere all’infinito. L’unico desiderio che è completo è il desiderio di Buddha. Occorre comprendere ciò. Il desiderio perfetto appartiene unicamente a Buddha – il perfetto, che include tutto. Qualunque cosa egli faccia è corretta, perché è un essere completo. Per lui non ci sono amici o nemici. Ciò che esiste è Buddha stesso.
Fuochi blu – J. Hillman
La psicologia alchemica condensa in modo ammirevole i due tratti del cuore leonino (la conformità del suo pensiero e la sua oggettivazione) in quella sostanza alchemica, il Sulphur, lo zolfo, che è il principio di «combustibilità», la magna fiamma.«Dove si può trovare questo sulphur?» – domanda Sendivogius, benedettino inglese del quattordicesimo secolo – «In tutte le sostanze, in tutte le cose del mondo: metalli, erbe, alberi, animali, pietre sono il suo giacimento».
Tutto ciò che d’improvviso si illumina, attira la nostra gioia, si accende di bellezza, ciascun roveto è un dio che arde: questo è lo zolfo alchemico, la faccia infiammabile del mondo, il suo flogisto, la sua aureola di desiderio, enthymesis diffusa. Quella succulenza verso cui tendiamo come consumatori è l’immagine attiva che è in ogni cosa, l’immaginazione attiva dell’anima mundi, che infiamma il cuore e lo provoca a uscire.
Il momento della conflagrazione è anche, contemporaneamente, quello della coagulazione: zolfo è ciò che aderisce, la mucillagine, la «gomma», ciò che congiunge, l’appiccicosità dell’attaccamento. Lo zolfo letteralizza il desiderio del cuore nell’istante stesso in cui il thymos fa ardere di entusiasmo. Conflagrazione e coagulazione avvengono insieme. Desiderio e oggetto del desiderio diventano indistinguibili.
La condizione interdipendente – Lin Chi
C’è la ‘condizione interdipendente’ chiamata illuminazione, c’è la ‘condizione interdipendente’ del nirvana, c’è la ‘condizione interdipendente’ della liberazione, c’è la ‘condizione interdipendente’ del triplice corpo, c’è la ‘condizione interdipendente’ dell’ambiente oggettivo e della mente soggettiva, c’è la ‘condizione interdipendente’ del bodhisattva, c’è la ‘condizione interdipendente’ della buddhità. Vivete nel mondo del cambiamento interdipendente, cos’è che andate cercando?
Lin Chi lu – Rinzai roku – Raccolta di Lin Chi
Per quanto tu ragioni, c’è sempre un topo – Giorgio Caproni
Per quanto tu ragioni, c’è sempre un topo – un fiore – a scombinare la logica. Direi che tutto nel tuo ragionamento è perfetto, se non avessi davanti questo prato di trifoglio. E sarei anche d’accordo con te, se nella mente non mi bruciasse (se non mi bruciasse la mente – con dolcezza) quest’odore di tannino che viene dalla segheria sotto la pioggia: quest’odore di tronchi sbucciati (d’alba e d’alburno), e non ci fosse il fresco delle foglie bagnate come tanti lunghi occhi, e il persistente (ma sempre più sbiadito) blu della notte.
Giorgio Caproni da Il franco cacciatore
Andantino – Giorgio Caproni
Così di rado l’ho visto
E, sempre, così di sfuggita.
Una volta, o m’è parso,
Fu in uno dei più bui
Cantoni d’un bar, al porto.
Ma ero io, era lui?
C’era un fumo. Una folla.
A stento, potei scorgerne il volto
Fisso sulla sua birra svogliata.
Teneva la mano posata
Sul tavolo, e piano
Piano batteva le dita
Sul marmo – quelle sue dita
Più lunghe, pareva, e più magre
di tutta la sua intera vita.
Provai a chiamarlo. Alzai
Anche un braccio.
Ma il chiasso.
La radio così alta
Cercai,
A urtoni, d’aprirmi un passo
Tra la calca, ma lui
(od ero io?) lui
già s’era alzato: sparito,
senza che io lo avessi incrociato.
Mi misi, muto, a sedere
Al suo posto, e – vuoto –
Guardai a lungo il bicchiere
Sporcato ancora di schiuma:
Le bollicine che ad una
Ad una (come nella mia mente
Le idee) esplodevano
Finendo – vuote – in niente.
Giorgio Caproni
Io mi porto questo verde alle labbra – Osip Mandelstam
Io mi porto questo verde alle labbra
questo vischioso giurare di foglie –
questa terra che è spergiura: madre
di bucaneve, aceri, quercioli.
Mi piego alle umili radici, e guarda
come divento insieme cieco e forte;
non fa dono, il risonante parco
di una sontuosità eccessiva agli occhi?
E – palline di mercurio- le rane
con le voci s’agglomerano a palla;
i nudi stecchi si mutano in rami
e in lattea finzione il vapore dell’aria
Argumentum e silentio – Paul Celan
(Per René Char)
Messa alla catena
tra oro e oblio:
la notte.
Entrambi la presero.
Entrambi lasciò fare.
Metti, ora
metti anche tu, là, ciò che
vuole albeggiare tra i giorni:
la parola sorvolata di stelle,
sommersa di mare.
A ciascuno la parola.
A ciascuno la parola che gli cantava,
quando la muta l’aggredì alle spalle –
A ciascuno la parola che gli cantava e impietriva.
A lei, alla notte,
la sorvolata di stelle, la sommersa di mare,
a lei la sorta dal silenzio,
cui il sangue non coagulò, quando il dente
del veleno trafisse le sillabe.
A lei la parola sorta dal silenzio.
Contro le altre che, tra poco,
sputtanate dall’orecchio dell’aguzzino,
anche su tempo e tempi s’arrampicano,
testimonia infine,
infine, quando risuonano solo catene,
testimonia di lei, che sta là
tra oro e oblio,
affratellata a entrambi, da sempre –
Ma di’
dove mai albeggia, se non in lei,
che nel bacino delle sue lacrime
mostra ancora una volte le messi
a soli che s’immergono?
Nella sala di meditazione – Lin Chi
Il Consigliere Wang, governatore della provincia, visitando il monastero in compagnia dai suoi funzionari, chiese a Lin-chi di pronunciare un discorso. Il Maestro prese il suo posto nella sala di meditazione e disse:
“Quest’oggi, poiché gli sembra impossibile rifiutare, questo monaco vagabondo che io sono rispetta le buone maniere e prende posto nella sala di meditazione. Se dovessi spiegare l’essenza del buddhismo secondo gli insegnamenti dell’antica scuola, non potrei neppure aprire la bocca, e voi non avreste dove poggiare i piedi. Ma poiché quest’oggi il Consigliere mi ha pregato di parlare, perché dovrei nascondergli gli insegnamenti della nostra scuola? Bene: c’è dunque qualche generale coraggioso che vuol schierare le sue armate e dispiegare le sue bandiere qui davanti a me? Lasciamo che si metta alla prova davanti a tutti noi!”
Un monaco chiese: “Qual è il principio fondamentale del buddhismo?”
Il Maestro lanciò un urlo.
Il monaco si inchinò profondamente.
Il Maestro disse: “È un piacere chiacchierare con questo monaco!”
Un monaco chiese: “Maestro, quale musica suonate? Insomma, di quale scuola seguite l’insegnamento?”
Il Maestro disse: “Quando ero con Huang-po, il mio maestro, gli posi per tre volte una certa domanda, e per tre volte lui mi colpì”.
Il monaco stava per rispondere. Il Maestro lanciò un urlo e subito dopo colpì il monaco, dicendo: “Non puoi piantare un chiodo nel cielo”.
Un monaco di grande cultura disse: “L’insieme delle scritture trasmesse dalla tradizione spiega con sufficiente chiarezza la natura di buddha, non è così?”
Il Maestro disse: “L’erba dei prati non è mai stata vangata: eppure cresce benissimo”.
Il monaco di grande cultura disse: “Di sicuro il Buddha non potrebbe ingannare nessuno!”
“Dov’è il Buddha?”, chiese il Maestro.
Il monaco di grande cultura non trovò la risposta.
Il Maestro disse: “Pensavi di farmi fare la parte dello scemo di fronte al Consigliere? Fatti da parte! Stai facendo perdere tempo agli altri”.
Il Maestro riprese a parlare: “Questa nostra riunione si occupa dell’essenza del buddhismo. Ci sono altri che vogliono porre domande? Presto, fatevi avanti e chiedete! Ma non appena aprite bocca, siete già fuori strada.
“Perché? Come dovreste sapere, il Buddha ha detto che ‘il Dharma è separato dalle parole e dagli scritti, non è soggetto a nessuna causa né dipende da alcuna condizione’.
“È perché non avete abbastanza fiducia che oggi vi ritrovate impigliati in una rete di parole. Ma temo a questo punto di infastidire il Consigliere e i suoi funzionari, e di trattenerli dal realizzare la loro natura di buddha. È meglio che mi ritiri”.
Il Maestro lanciò un urlo e poi disse: “Se la radice della fiducia è debole, questo mondo non ha mai fine. Grazie per essere rimasti in piedi così a lungo”.
Lin Chi
A piedi nudi, i capelli scarmigliati – Bai Yuchan
A piedi nudi, i capelli scarmigliati e una veste sbrindellata,
con l’aria di un idiota vado in giro a ubriacarmi e intono poesie.
Quando mi aggiro per il mercato, non c’è nessuno che mi riconosca.
Sono il bambino del Grande Imperatore del Paradiso Orientale.
Bai Yuchan