Credere che il corso spontaneo della trasformazione della società come unità biologica possa portare a un sistema non oppressivo che non neghi l’individuo è, biologicamente, un’illusione. Un simile sistema sociale non può essere che il prodotto della creatività umana, ottenuto trovando il significato dell’individuo nel fatto che il sistema sociale che gli individui, associandosi, costituiscono è organizzato in un sistema allopoietico non gerarchico, concepito in maniera da rendere la loro vita umanamente desiderabile. Ma è possibile? Continue reading “A proposito di società gerarchiche – Humberto Maturana”
Autore: rivye
L’opera d’arte – Cornelius Castoriadis
L’opera d’arte fa esistere effettivamente un mondo tutto suo e, nello
stesso tempo […] presentando se stessa presenta l’essere, presenta il
Caos, l’Abisso, il Senza-fondo. Lo presenta senza simbolizzarlo e senza
allegorizzarlo. […] il Caos, in quanto ganglio matriarcale, in quanto
matrice informe/formante di ogni cosa che può essere […].
Cornelius Castoriadis
Azioni fini a se stesse – Murray Bookchin
I movimenti rivoluzionari non possono più trastullarsi irriflessivamente con azioni fini a se stesse. Mai come oggi abbiamo avuto bisogno di approfondimento teorico e di studio, perché l’incultura politica ha raggiunto proporzioni spaventose e l’azione è feticizzata come un fine in sé. E abbiamo anche bisogno di organizzazione, non il caos nichilista dove ogni tipo di struttura è criticata come ‘elitaria’ e ‘centralistica’. La pazienza, il lavoro duro e quotidiano per la costruzione di un movimento, servono assai più che le azioni teatrali di certe primedonne che aspirano a ‘morire’ sulle barricate di una lontana rivoluzione, ma si sentono troppo intelligenti per dedicarsi al tran-tran di diffondere idee e tenere in piedi un’organizzazione.
Murray Bookchin
L’autonomia, l’autogoverno – Cornelius Castoriadis
L’autonomia, l’autogoverno, è il controllo di ciò che si può controllare, la decisione collettiva, lo sganciarsi da un potere del quale non si riconosce più la legittimità, il riconoscere che è la
società stessa che crea le proprie leggi, che sta a noi decidere il da farsi, ma sempre con la consapevolezza che viviamo sul Caos, sull’Abisso, che noi stessi siamo Caos e Abisso e che, pertanto, è un’illusione l’idea di poter padroneggiare alcunché.
Cornelius Castoriadis
Riuscite ad abbracciare l’unità? – Zhuang-zi
Riuscite ad abbracciare l’unità? a non perderla mai? a conoscere il
fausto e il nefasto senza consultare i gusci di tartaruga o i
ramoscelli di achillea? a fermarvi in tempo? a ritirarvi quando è
necessario? a disinteressarvi degli altri per cercare voi stessi? a
conservare libero il vostro spirito?
a restare semplice? a tornare allo stato della prima infanzia?
Il neonato vagisce tutto il giorno senza diventare rauco, così perfetta
è l’armonia della sua costituzione. Per tutto il giorno stringe le mani
senza fare sforzi, perchè partecipa dell’energia primigenia. Per tutto
il giorno guarda senza muovere gli occhi, perchè per lui il mondo
esterno non esiste.
Cammina senza sapere dove va e se ne sta tranquillo senza sapere quello
che fa. Si piega a tutte le cose e ne segue le fluttuazioni.
Zhuang-zi
Pestaggio e sborra – Antonin Artaud
Le parole che utilizziamo mi sono state date e le uso, ma non per farmi capire,
non per finire di vuotarmene, allora perché?
E’ appunto che io non le uso, in realta non faccio altro che tacere e pestare.
Per il resto se parlo è che si fotte se parlo, voglio dire che la fornicazione
universale continua ed essa mi fa dimenticare di non pensare.
La realtà è che non dico niente e non faccio niente, che non uso né parole né
lettere, non uso parole e non uso nemmeno lettere.
Non ho mai fondato, lanciato o seguito un movimento. Sono stato surrealista, è
un fatto, ma credo che dovevo esserlo di fatto, e lo ero di fatto ma non lo ero
quando lanciavo o firmavo manifesti a meno che non fosse per insultare
un papa,
un dalai lama,
un buddha,
un medico,
uno scienziato,
un prete,
uno sbirro,
un poeta,
uno scrittore,
un uomo,
un pedagogo,
un rivoluzionario,
un anarchico,
un cenobita,
un eremita,
un rettore,
uno yoghi,
un occultista.
Quanto ai reazionari, ai fascisti, ai comunisti ora insediati, ai destrorsi e ai
sinistrorsi, non vanno insultati, nemmeno si disgregano, e non si
decompongono come quando si dice: è la natura a farlo, si produce, ma non
basta, e in quasto caso c’è qualcos’altro di più grave da fare.
Allora, allora perché ancora un tuo pezzo, Artaud, e perché non ti sei ancora
tolto di mezzo da quando ti si fa segno di andartene.
"Spazio ai giovani, ai nuovi arrivati, a quelli che non hanno più niente da dire
ma che sono qui.
"Lo spazio puzza".
Il fatto è che appunto non puzza ancora abbastanza per allontanare da me la
critica, o l’attacco, o il giudizio, o l’aggressione di qualsiasi natura.
E che cosa m’importa? In realtà potrebbe non importarmene affatto e potrei
passare oltre ed essere sprezzante ma la disgrazia è che appunto m’importa
qualcosa.
Voglio dire che la zizzania che s’innalza da ogni parte non lascia intatto il mio
corpo, sono colpito come da un varicocele, da una blenoraggia, E QUESTO NON
MI PIACE AFFATTO.
Lo stile mi fa orrore e mi rendo conto che quando scrivo ne faccio sempre, allora
brucio tutti i miei manoscritti e restano solo quelli che mi ricordano una
soffocazione, un ansimare, uno strangolamento in non so quali bassifondi
perché è vero.
Le idee mi fanno orrore, non ci credo più e vorrei che se ne agitassero e che si
dicesse che sono demente: i dementi mordono, vero?
Venga pure il disquisitore, mi dirà: c’è questo, non c’è quello, e le cose sono così
o non sono così, io lo mordo. perchè davvero non credo alle parole né alle idee
agitate dalle parole, e nelle parole,
essere non vuol più dire per me o MENO di non essere, e niente vuol più dire
niente per me, e il silenzio del resto nemmeno e ancora meno.
Non è che io sia né a destra né a sinistra dato che sono ancora meno al centro e
odio assai più l’equilibrio che lo sbandamento, a condizione che sia io a
sbandare, e sbando quando vedo giungere l’invariabile centro.
Perché mi rendo conto che alcuni cominciano a rimproverarmi di essere
sorpassato.
Ho in odio la filosofia, la magia, l’occultismo, l’esoterismo, lo yoga, come ho in
odio l’anatomia, di L’ANATOMIA, la medicina, l’aritmetica, l’algebra, la
trigonometria, il calcolo differenziale e la precessione degli equinozi, e ho anche,
e nessuno probabilmente mi crederà, l’odio intestino della poesia.
Ho ricevuto molte lettere anonime in vita mia. L’ultima, spedita qualche
settimana fa, mi annunciava la spedizione di un vecchio poema che non ho
ricevuto, ma di cui mi dava semplicemente il titolo senza commenti: LA
LAMENTAZIONE DEL VECCHIO ARTAUD ASSASSINATO NELL’ALTRA VITA
E CHE NON TORNERà PIù IN QUESTA.
Per paura forse che io dimentichi che sono tornato e ben tornato.
Un’altra mi rimprovera di scrivere in francese, voglio dire in buon francese, e
di fare anch’io belle frasi. Nessuno mi ha ancora mosso il rimprovero di essere
dialettico o dottrinario dato che non so cosa sia la dialettica. Ma insomma mi è
stato rimproverato di credere anch’io a eminenze verbali, di attribuire un
valore alle frasi ben costruite, ben rivestite, ben ritmate e ben sistemate. "E
questo, mi è stato detto, ci fa ridere, il suo modo di credere nel bel francese. Lei
attacca l’autorità, la società, la religiosità, i riti come se tali parole celassero
ancora fatti o idee. E soprattutto lei crede nelle parole, nelle parole forti che usa.
Nient’altro che il vuoto ha mai avuto senso, lei è pieno di sé e pieno di tutto.
Vada via".
Devo dire che sono io a tradurre tutte queste critiche in lingua applicata, dato
che i giovani che mi hanno parlato così lo hanno sempre e solo fatto da lontano,
e come da un capo all’altro dello spazio, o per posta, e hanno fatto solo gesti
osceni per provarmi che ero fuori strada, perché da vicino sarebbero state
botte. Ma non hanno ancora osato correre questo rischio.
Devo dunque dire che da trent’anni che scrivo non ho trovato ancora del tutto,
non davvero il mio verbo o la mia lingua, ma lo strumento che non ho smesso
di forgiare.
Sentendoni analfabeta illetterato, questo strumento non si appoggerà sulle
lettere o sui segni dell’alfabeto, ci si trova ancora troppo vicini a una
convenzione figurata, e oculare e uditiva.
Chi ha legato il senso, legato il pensiero, e chi ha legato il senso il pensiero, li ha
legati in funzione di un’ideazione preventiva che aveva le sue tavole formali
scritte, le sue tavole di significati percettivi iscritti sulle pareti di un cervello
inverso.
Il fatto è che il cervello umano è solo un doppio che sprigiona per proiezione un
suono per un segno, un senso per un suono, un sentimento per un segno di
essere, un’idea per un movimento, tutto è scritto, vissuto sopra la materia
astrale e le lettere sono solo movimenti che obbligano un po’ più del grande
film a srotolare il proprio spossessarsi. Un carattere è un movimento
sorpassato che viene ancora una volta a proiettare la sborra di un ultimo
fosforo, e fra poco tutte le parole saranno lette, tutte le lettere completamente
esaurite.
E ogni libro scritto sarà letto, e non potrà più dire niente a cervelli
completamente decomposti, dopo essere stati arbitrariamente imposti e
reimposti.
TUTTO CIò VA BENISSIMO MA NON MI SONO MAI PRESTATO A QUESTE
FROTTOLE.
Dato che le lettere sono soltanto il grafismo un po’ ingenuo che poteva
rispondere alla necessità di essere svegliati dal riflesso spettro di un organo
creato per un tempo e condannato fin dalla nascita: IL CERVELLO.
I lobi del cervello non sono infiniti e nemmeno l’ifinito, ma esso dura.
Conosco uno stato fuori dallo spirito, dalla coscienza, dall’essere, e dove non ci
sono più né parole né lettere, ma in cui si entra per grida e per colpi. E non sono
più suoni o sensi a venir fuori, niente parole, ma corpi.
Pestaggio e sborra, nel braciere infernale in cui mai più la questione della
parola si pone né quella dell’idea.
Pestare a morte e sborrare la faccia, sborrare sulla faccia, è l’ultima lingua,
l’ultima musica che io conosca,
e vi giuro che ne vengono fuori corpi e che sono CORPI animati.
ya menin
fra te sha
vazile
la vazile
a te sha menin
e menin menila
ar menila
e inama imen
Black Flag – Paul Goodman
[…]
E se dovesse di nuovo giungere il giorno
in cui la bandiera nera sia nuovamente lo spirito della nazione
allora mia moglie la porterà a casa amorevolmente
e la taglierà per farne pantaloni e camicie.
Tramontata è la luna – Saffo
Tramontata è la luna
e le Pleiadi a mezzo della notte;
anche giovinezza già dilegua,
e ora nel mio letto resto sola.
Scuote l’anima mia Eros,
come vento sul monte
che irrompe entro le querce;
e scioglie le membra e le agita,
dolce amara indomabile belva.
Ma a me non ape, non miele;
e soffro e desidero.
Saffo
Canto mattutino – Anonimo
Canto mattutino
Dorati uccelli dall’acuta voce, liberi
per il bosco solitario in cima ai rami di pino
confusamente si lamentano; e chi comincia,
chi indugia, chi lancia il suo richiamo verso i monti:
e l’eco che non tace, amica dei deserti,
lo ripete dal fondo delle valli.
Anonimo
Con una canna telescopica sul torrente Cowiche – Raymond Carver
Qui la mia sicurezza sparisce. Perdo
ogni senso di orientamento. Dama Grigia
su acque mosse. I miei pensieri
si agitano come le pernici dal collare
nella radura sull’altra sponda.
D’un tratto, come a un segnale, gli uccelli
tornano in volo silenzioso in mezzo ai pini.
Raymond Carver