Le parole che utilizziamo mi sono state date e le uso, ma non per farmi capire,
non per finire di vuotarmene, allora perché?
E’ appunto che io non le uso, in realta non faccio altro che tacere e pestare.
Per il resto se parlo è che si fotte se parlo, voglio dire che la fornicazione
universale continua ed essa mi fa dimenticare di non pensare.
La realtà è che non dico niente e non faccio niente, che non uso né parole né
lettere, non uso parole e non uso nemmeno lettere.
Non ho mai fondato, lanciato o seguito un movimento. Sono stato surrealista, è
un fatto, ma credo che dovevo esserlo di fatto, e lo ero di fatto ma non lo ero
quando lanciavo o firmavo manifesti a meno che non fosse per insultare
un papa,
un dalai lama,
un buddha,
un medico,
uno scienziato,
un prete,
uno sbirro,
un poeta,
uno scrittore,
un uomo,
un pedagogo,
un rivoluzionario,
un anarchico,
un cenobita,
un eremita,
un rettore,
uno yoghi,
un occultista.
Quanto ai reazionari, ai fascisti, ai comunisti ora insediati, ai destrorsi e ai
sinistrorsi, non vanno insultati, nemmeno si disgregano, e non si
decompongono come quando si dice: è la natura a farlo, si produce, ma non
basta, e in quasto caso c’è qualcos’altro di più grave da fare.
Allora, allora perché ancora un tuo pezzo, Artaud, e perché non ti sei ancora
tolto di mezzo da quando ti si fa segno di andartene.
"Spazio ai giovani, ai nuovi arrivati, a quelli che non hanno più niente da dire
ma che sono qui.
"Lo spazio puzza".
Il fatto è che appunto non puzza ancora abbastanza per allontanare da me la
critica, o l’attacco, o il giudizio, o l’aggressione di qualsiasi natura.
E che cosa m’importa? In realtà potrebbe non importarmene affatto e potrei
passare oltre ed essere sprezzante ma la disgrazia è che appunto m’importa
qualcosa.
Voglio dire che la zizzania che s’innalza da ogni parte non lascia intatto il mio
corpo, sono colpito come da un varicocele, da una blenoraggia, E QUESTO NON
MI PIACE AFFATTO.
Lo stile mi fa orrore e mi rendo conto che quando scrivo ne faccio sempre, allora
brucio tutti i miei manoscritti e restano solo quelli che mi ricordano una
soffocazione, un ansimare, uno strangolamento in non so quali bassifondi
perché è vero.
Le idee mi fanno orrore, non ci credo più e vorrei che se ne agitassero e che si
dicesse che sono demente: i dementi mordono, vero?
Venga pure il disquisitore, mi dirà: c’è questo, non c’è quello, e le cose sono così
o non sono così, io lo mordo. perchè davvero non credo alle parole né alle idee
agitate dalle parole, e nelle parole,
essere non vuol più dire per me o MENO di non essere, e niente vuol più dire
niente per me, e il silenzio del resto nemmeno e ancora meno.
Non è che io sia né a destra né a sinistra dato che sono ancora meno al centro e
odio assai più l’equilibrio che lo sbandamento, a condizione che sia io a
sbandare, e sbando quando vedo giungere l’invariabile centro.
Perché mi rendo conto che alcuni cominciano a rimproverarmi di essere
sorpassato.
Ho in odio la filosofia, la magia, l’occultismo, l’esoterismo, lo yoga, come ho in
odio l’anatomia, di L’ANATOMIA, la medicina, l’aritmetica, l’algebra, la
trigonometria, il calcolo differenziale e la precessione degli equinozi, e ho anche,
e nessuno probabilmente mi crederà, l’odio intestino della poesia.
Ho ricevuto molte lettere anonime in vita mia. L’ultima, spedita qualche
settimana fa, mi annunciava la spedizione di un vecchio poema che non ho
ricevuto, ma di cui mi dava semplicemente il titolo senza commenti: LA
LAMENTAZIONE DEL VECCHIO ARTAUD ASSASSINATO NELL’ALTRA VITA
E CHE NON TORNERà PIù IN QUESTA.
Per paura forse che io dimentichi che sono tornato e ben tornato.
Un’altra mi rimprovera di scrivere in francese, voglio dire in buon francese, e
di fare anch’io belle frasi. Nessuno mi ha ancora mosso il rimprovero di essere
dialettico o dottrinario dato che non so cosa sia la dialettica. Ma insomma mi è
stato rimproverato di credere anch’io a eminenze verbali, di attribuire un
valore alle frasi ben costruite, ben rivestite, ben ritmate e ben sistemate. "E
questo, mi è stato detto, ci fa ridere, il suo modo di credere nel bel francese. Lei
attacca l’autorità, la società, la religiosità, i riti come se tali parole celassero
ancora fatti o idee. E soprattutto lei crede nelle parole, nelle parole forti che usa.
Nient’altro che il vuoto ha mai avuto senso, lei è pieno di sé e pieno di tutto.
Vada via".
Devo dire che sono io a tradurre tutte queste critiche in lingua applicata, dato
che i giovani che mi hanno parlato così lo hanno sempre e solo fatto da lontano,
e come da un capo all’altro dello spazio, o per posta, e hanno fatto solo gesti
osceni per provarmi che ero fuori strada, perché da vicino sarebbero state
botte. Ma non hanno ancora osato correre questo rischio.
Devo dunque dire che da trent’anni che scrivo non ho trovato ancora del tutto,
non davvero il mio verbo o la mia lingua, ma lo strumento che non ho smesso
di forgiare.
Sentendoni analfabeta illetterato, questo strumento non si appoggerà sulle
lettere o sui segni dell’alfabeto, ci si trova ancora troppo vicini a una
convenzione figurata, e oculare e uditiva.
Chi ha legato il senso, legato il pensiero, e chi ha legato il senso il pensiero, li ha
legati in funzione di un’ideazione preventiva che aveva le sue tavole formali
scritte, le sue tavole di significati percettivi iscritti sulle pareti di un cervello
inverso.
Il fatto è che il cervello umano è solo un doppio che sprigiona per proiezione un
suono per un segno, un senso per un suono, un sentimento per un segno di
essere, un’idea per un movimento, tutto è scritto, vissuto sopra la materia
astrale e le lettere sono solo movimenti che obbligano un po’ più del grande
film a srotolare il proprio spossessarsi. Un carattere è un movimento
sorpassato che viene ancora una volta a proiettare la sborra di un ultimo
fosforo, e fra poco tutte le parole saranno lette, tutte le lettere completamente
esaurite.
E ogni libro scritto sarà letto, e non potrà più dire niente a cervelli
completamente decomposti, dopo essere stati arbitrariamente imposti e
reimposti.
TUTTO CIò VA BENISSIMO MA NON MI SONO MAI PRESTATO A QUESTE
FROTTOLE.
Dato che le lettere sono soltanto il grafismo un po’ ingenuo che poteva
rispondere alla necessità di essere svegliati dal riflesso spettro di un organo
creato per un tempo e condannato fin dalla nascita: IL CERVELLO.
I lobi del cervello non sono infiniti e nemmeno l’ifinito, ma esso dura.
Conosco uno stato fuori dallo spirito, dalla coscienza, dall’essere, e dove non ci
sono più né parole né lettere, ma in cui si entra per grida e per colpi. E non sono
più suoni o sensi a venir fuori, niente parole, ma corpi.
Pestaggio e sborra, nel braciere infernale in cui mai più la questione della
parola si pone né quella dell’idea.
Pestare a morte e sborrare la faccia, sborrare sulla faccia, è l’ultima lingua,
l’ultima musica che io conosca,
e vi giuro che ne vengono fuori corpi e che sono CORPI animati.
ya menin
fra te sha
vazile
la vazile
a te sha menin
e menin menila
ar menila
e inama imen